Ron Carter, Alicia Zoller, Pietro Condorelli, Vincenzo Melchiorre Ricci e tanti altri nel nuovo libro di Stefano Orlando Puracchio e Andrea Parente dedicato a una delle personalità più importanti del jazz ungherese, il chitarrista magiaro storico maestro di Pat Metheny. Dal 13 luglio in libreria
Stefano Orlando Puracchio
Andrea Parente
Multiforme ingegno: Attila Zoller e il jazz
Demian Edizioni 2024
È giusto considerare in maniera positiva Attila Zoller per il solo fatto di esser stato il “primo e unico” maestro di chitarra di una leggenda come Pat Metheny? Ma Zoller stesso è stato una leggenda: il chitarrista ungherese, infatti, ha considerato la musica (e il jazz in particolare) da molteplici punti di vista. Valente chitarrista, saggio educatore e stimato inventore di chitarre, corde, pick-up, Zoller è stato un uomo “dal multiforme ingegno”. Fu, inoltre, uno sportivo insaziabile (nuoto e sci), un buongustaio, un compagnone e, soprattutto, un turnista di altissimo livello. Una persona a cui piaceva eccellere ma - altra singolarità - non competere.
Nato nel 1927 a Visegrád e scomparso a Townshend nel Vermont nel 1998, Attila Zoller a ventuno anni fuggì dall'Ungheria a piedi con la sua chitarra arrivando in Austria e poi in Germania, dove conobbe Oscar Pettiford e Lee Konitz, che lo convinsero a partire per gli USA, non prima di aver ottenuto una borsa di studio alla Lenox School of Jazz. Avrebbe trascorso il resto della sua vita in America, dove arrivò all'inizio degli anni '60. Allievo di Jim Hall, compagno di stanza di Ornette Coleman che lo stimolò al mondo free jazz, Zoller suonò con giganti come Herbie Mann, Benny Goodman, Stan Getz, Herbie Hancock, Ron Carter, Cal Tjader e tanti altri. Nel 1974 ha fondato le Attila Zoller Jazz Clinics poi divenute Vermont Jazz Center, dove ha insegnato fino al 1998. E' stato il maestro di Pat Metheny ("Una persona importantissima nella mia vita, l'unico vero maestro di chitarra che abbia mai avuto", ha dichiarato il celebre chitarrista).
Nel loro primo libro insieme Stefano Orlando Puracchio e Andrea Parente raccontano la vita e l'attività artistica del grande chitarrista, coinvolgendo molte personalità carismatiche, care al pubblico del jazz: Ron Carter, Alicia Zoller (figlia di Attila), Eugene Uman (direttore del Vermont Jazz Center), Helmut Kagerer (chitarrista tedesco, ex-allievo di Zoller con cui ha inciso Common Language), David Becker (chitarrista che ha prodotto Message to Attila, un disco in suo onore), Lajos Dudas, Làszló Kovács, Doug Payne e Imre Köszegi, infine Pietro Condorelli e Vincenzo Melchiorre Ricci, che hanno scritto rispettivamente prefazione e postfazione.
STEFANO ORLANDO PURACCHIO
(Roma, 1980) giornalista e scrittore. Con Demian ha pubblicato recentemente Gábor Szabó - il jazzista dimenticato (2022) e Franco Califano - oltre la maschera (2023). Quest'ultimo si è piazzato sul podio ai concorsi letterari "Voci - città di Roma" (IPLAC) e "Il sigillo di Dante" (Società Dante Alighieri).
ANDREA PARENTE
(Napoli, 1990) musicista e storyteller. Leader e fondatore del progetto jazz "Sing 'O Swing", da anni attivo in concerti ed iniziative culturali, tra cui lo spettacolo L'Italia degli anni Quaranta. Tra guerra e canzonette, realizzato alla Galleria Borbonica di Napoli.
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